IDIOMA TORANESE

PREMESSA

Così come nel resto dell’Italia e della Calabria ogni piccolo centro antropico ha un proprio dialetto con delle caratteristiche specifiche differenti dagli altri, tanto da poter affermare che prima della scolarizzazione, avvenuta nel dopo guerra il dialetto assumeva il ruolo che ha oggi assunto l’italiano.

La lingua quel complesso di suoni, di parole, di locuzioni, di costrutti di cui ci serviamo per esprimerci, è un “organismo vivente” , nel senso che il tempo, le mode, gli avvenimenti possono operare su di essa, trasformandola, privandola di parole cadute in disuso ed arricchendola di neologismi. Nella lingua, sia parlata che scritta, si è sempre potuto rinvenire un elemento importante di caratterizzazione sociale, culturale, etnica dei diversi popoli; attraverso le sue articolazioni si può riuscire ad individuare le tappe della storia di tutti i giorni di un popolo.

Ecco perché sempre di più prende piede da parte dei più giovani soprattutto la disconoscenza, di molti vocaboli dialettali. L’obiettivo principale, quindi, è stato quello di recuperare e mantenere viva la memoria passata del nostro paese.

DIZIONARIO

A

Abbabbàri: distrarre, intrattenere un bambino.

Abbacàri: avere tempo da perdere, ma anche volere o non volere nonostante tutto.

Abbaccagliàri: sbraitare.

Abbaddràri: ballare.

Abbaddràturu: ballatoio; dim. Abbaddraturièddru.

Abbazàri: rimboccare, alzare.

Abbindàri: riposare, sostare.

Accriccàri: formare una cricca, formare una cerchia d’amici.

Antu: soglia uscio.

Arripàri: appoggiare.

B

Bagùddru: baule; dim. Baguddruzzu.

Bannèra: bandiera; dicesi di persona che cambia spesso parere.

Bàsula: pietra lavica piatta.

Beddra e biaddru: bella e bello.

Biàfa: biada, avena.

Bràtta: fichi secchi infilati su stecchini di canna.

Bugigattolo: stanzino stretto e buio.

Buscijàru: bugiardo.

Bùssula: porta interna.

C

Ca: che

Cacagliàri: tartagliare

Càccavu: recipiente.

Caculiàri: fare qualcosa in modo pasticciato, scarabocchiare.

Calascìnu: saliscendi, serratura senza chiavi.

Càmpa: bruco.

Caniglìa: crusca.

Cannàta: brocca di terracotta (per l’acqua o il vino).

Cannìstra: canestra, cesta.

Carrera: strada in terra battuta, frequentata dai carri.

D

Ddrà: là.

Ddruòcu: costà, in codesto luogo.

Dicriàri: scialare, godere.

Dinta: dentro.

Dispriggiùsu: riferito a persona dispettosa che arreca volutamente danno.

Dissapìtu: insipido.

Divagare: svuotare.

Divijàri: uscire di casa per distrarsi; deviare il corso dell’acqua di un torrente.

Du: da, dal, dalla, dallo, del, dello.

Du: tu dai.

F

Faiddrùni: lungo ramo di salice, di castagno.

Favùda: lembo di un vestito.

Figurèddra: immaginetta sacra.

Fiscèdrra: piccolo contenitore di saliceper la ricotta. (foto)

Fìscinu: sporta di salici da caricare sull’asino.

Fìsckulu: filtro di forma circolare realizzato in fibra naturale, usato nei frantoi per la spremitura della pasta delle olive. (foto)

Frèsa: focaccia divisa orizzontalmente in due parti che poi vengono ripassate in forno; dim. Fresina (foto)

Frìssura: padella; dim. Frissùreddra.

Furgiàru: fabbro.

Furìsi: garzone che lavora nei campi.

G

Gaddrina:gallina.

Gagliuòppo:vitigno tipico del territorio toranese.

Gammièddru:arnese in legno al quale si appendeva il maiale squartato.

Garrafuni: recipiente oblungo, di vetro, per il vino.(foto)

Gastìgna: bestemmia, maledizione.

Grinza: farina integrale.

Gràsta: vaso di terracotta per piante e fiori, coccio.

Grisàra: setaccio per la farina.

Gùmmulu: orciuolo; dim. Gummuliddru.

Guttàru: sgocciolamento dell’acqua che cade dalle tegole.

I

I: i, gli, le.

Iddra: ella.

Iddru: egli.

Iddùvi e Iddrùvi: da dove.

Iju: io.

Isciùtu e Ghisciùtu: uscitu.

J

Jàncu: bianco.

Jannàcca: monile d’oro vistoso che guarniva il collo.

Jèmma: ramo utile per fare un innesto.

Jìennu: andando.

Jèrmitu: Manipolo (di spighe di grano).

Jèrsu: campo incolto.

Jìnostra: ginestra.

Jippuniaddru: camicia del neonato. (foto)

Jittùni: ramo giovane, tenero.

Jumàra: torrente, fiume.

K

Kalimèra: tradizione pasquale. (foto)

L

Làgana: tagliatelle fatte in casa.

Laganatùru: matterello.

Laprìsta: pianta erbacea mangereccia.

Lavìna: rigagnolo, rivolo d’acqua piovana.

Làzzu: laccio.

Limàrru: limo.

Lìmma o gavatina: grande contenitore di creta.(foto)

Lìppu: limo, muscio.

Littèra: letto di campagna.

Livàtina: pasta lievitata.

Livàtu: lievito.

M

Maccarrùni: maccheroni, pasta fatta in casa.

Maccaturièddru: fazzoletto per il naso.

Maccatùru: fazzoletto per la testa, foulard.

Majddra: madia. (foto)

 

Majddrùni: grande madia dove veniva messo il maiale ucciso per pulirlo.

Mmàstru: basto dell’asino.(foto)

Mucciddràtu: tipico pane pasquale. (foto)

Mustazzuòlu: dolce al miele di fichi.

Muttìta: coperta imbottita, trapunta.

Muzzùni: tronco d’albero, ceppo da bruciare.

N

Na: una.

Natìcchiula: arnese di legno per fermare sportelli di dispense, riferito anche a bambina molto piccola.

Nìanu: tacchino.

Nnùglia: salame di maiale fatto con carne, trippa, polmoni, cuore, pepe.

Ntècca: fenditura, fessura, crepa.

Ntìnna: gioco che consiste nel salire su un alto palo liscio, in cima al quale sono posti diversi oggetti che vengono regalati a colui che arriva prima.

Ntippàri: tappare.

Nu: un, uno.

Nzuràri: sposarsi riferito all’uomo.

Nzìtu: innesto, ma anche setola di maiale.

P

Paccarèddra: pancetta di maiale.

Pàddra: palla.

Paddrùni: palloncino di fichi bolliti e asciugati al sole.(foto)

Paglièra: fienile.

Panàru: paniere; dim. Panarièddru.

Panèra: originariamentepensile su cui si conserva il pane, successivamente dispensa per il cibo.

Panicièddru: piccolo pane.

Pàssula:uva passa.

Passùlunu: fico bianco molto maturo, quasi secco;riferito anche a persona taciturna e malinconica.

Piattèra: pensile dove si conservavano i piatti.

Q

Quadàra: pentolone di rame; dim. Quadarèddra.(foto)

Quadaràru: stagnino.

Quadaruòttu: pentola dove si faceva il formaggio.

Quagliu: caglio.

Quartucciàta: unità di misura di terreni.

Quatràra – Quatràru: ragazza – ragazzo.

Quazièttu: calza; dim. Quazittièddru.

Quocquariàri: gorgogliare.

R

Rametta: secchio di latta per broda.

Ràrica: radice.

Rasckatièddru: pasta fatta in casa (tipo di gnocchetto)

Rasùla: spatola. (foto)

Ricuòtu: ritornato, raccolto.

Riminiàri: rimestare, mescolare.

Roddra: piccola ruota di legno (usata per l’omonimo gioco), ma anche cerchio di persone.

Rucchèttu: spagnoletta di legno.

Rumànza: fiaba.

Runca: roncola.

Ruònza: tonfano (pozza d’acqua nel letto di un fiume o di un torrente).

S

Sa: questa.

Sacchètta: tasca.

Saccùni: saccone di tela pieno di cartocci di granturco.

Saittùni: serpente nero.

Salatièddri: pasta fatta in casa.

Sazièri: mortaio di legno o di pietra per pestarvi il sale. (foto)

Scaliddra: dolce natalizio.

Scapolata: il momento in cui si smettevi lavorare.

Scìfu: truogolo; dim. Scifitièddru.

Sporta: cesta di salice e canne. (foto)

Strìddru: bastoncino di legno appuntito alle due estremità. (foto)

Strùmmulu: trottola di legno: (foto)

Struncaturu: lunga sega a due manici. (foto)

Subbùrcu: tradizione pasquale.

T

Toccàglia: strisciolina di stoffa con la funzione di legare, allacciare; dim. Taccaglièddra.

Tàcchiu: ramo di fico.

Timpa: dirupo, burrone.

Tirràggiu: parte del prodotto agricolo da dare al padrone.

Tòccara: strumento di legno che si suonava il venerdì santo al posto delle campane; (usato anche come metafora per persona che parla molto e velocemente) (foto)

Triglia: grossa pietra piatta, tirata dai buoi nell’aia per rompere le spighe di grano.

Trivìddru: tappo in legno usato per la spillatura del vino della botte.

Tuminàta: tombolata, unità di misura per i terreni.

Turdìddru: dolce natalizio.

Tuvàglia: asciugamano; dim. Tuvaglieddra.

U

U: Il.

Ugna: unghia.

Un, unni, unnu: non

Uocchitisi: erbaccia con aculei.

Uocchiu: occhio.

Uògliu e Guògliu: olio.

Uòrcu: orco.

Uòrtu: orto.

Uòssu: osso.

V

Vacìi: bacile (foto).

Vanghètta: barra di ferro usata per reggere le tavole del letto.(foto)

Varrìli: barile.

Vìneddra: vicolo.; dim. Viniddrùzza.(foto)

Vrascèra: braciere.

Vucculètta: anello di ferro dove si legava la fune dell’asino o del mulo.(foto)

Vuda: pianta delle giuncacee che serviva per impagliare le sedie.

Vugunìa: vegetazione folta.

Vurzìddru: sacchettino rosso, di forma quadrata, contenente sale, una immaginetta sacra e un pezzettino di cordone ombelicale. Si appendeva al collo o alla camicia dei neonati contro il malocchio (centra ffàscinu).

Vutta: botte; dim.vutticèddra.

Z

Zagarèddra: strisciolina di pezza.

Zappatùri: contadino.

Zinnùtu: specie di zappa.

Zìrru: grande giara per il vino o l’olio; riferito anche a persona panciuta.

Zitu-Zita: fidanzato; fidanzata.

Zùddru: fagotto, sacco pieno di cereali o altro.

PROVERBI E LOCUZIONI

I proverbi insieme a locuzioni verbali e massime dialettali, usati nel linguaggio comune e giornaliero identificano nel miglior modo possibile la cultura popolare di un luogo.

Nei piccoli centri antropici come Torano dove, dal dopo guerra in poi, la cultura contadina ha predominato creando uno strato culturale molto profondo che ancora oggi nonostante una cultura di massa inglobante connota culturalmente il borgo nelle sua vita quotidiana.

La gran parte dei proverbi e delle locuzioni in generale trattano temi riferiti alla vita contadina, alle stagioni, al lavoro nei campi e ai rapporti interpersonali tram vicini di casa e tra i rapporti economici con i proprietari terrieri. Quelli che vengono qui riportarti sono stati scelti in quanto ancora oggi utilizzati nel linguaggio corrente anche se caratteristici di un mondo agricolo.

Si vu ghincj u ciddrru, zappa e puta ‘nta jnnaru.

Se vuoi riempire la cantina, zappa e pota entro il mese di Gennaio.

S’un c’eraa aprili ‘nta l’annu, un succidia nuddru danno.

Se non ci fosse il mese d’Aprile nell’arco dell’anno, non succederebbe nessuno danno.

Ppi canusci bona na pirsuna, ti c’edi mangià na ruva di Sali.

Per conoscere bene una persona , devi mangiare insieme a lei una grande quantità di sale. (devi condividere insieme a questa persona molto tempo ed esperienze)

A pratica fa ra grammatica.

La pratica sostituisce la grammatica (intesa come conoscenza teoretica)

Per quanto riguarda le locuzioni ne ricordiamo anche qui alcune:

TIEGNU PRESSA: ho fretta.

ADDUVI TI MBRUNA TI SPRUNA: esortazione a fare in fretta.

CAMINA A RASA RASA: cammina a lato della strada, rasente il muro.

PIGLIARI PISULI PISULI : prendere qualcosa con cura, con attenzione.

CCHI MALA TENTAZIONI!: si dice quando sopraggiunge un imprevisto spiacevole.

AMU FATTU A TARA E NUN FACIMU A CRUCI?: si dice quando occorre un ultimo piccolo sforzo per completare un lavoro.

VUOGLIO A MAMMA E RA VUOGLIO MO: voglio una cosa e la voglio subito, ad ogni costo.