Archeologia

Parco Archeologico della Larderia

 


Il parco archeologico, istituito nel 1989, sorge su un dolce pendio sottostante la collina alla confluenza dei fiumi Esaro e Follone e comprende i resti di una villa termale romana d’età imperiale che poggia su preesistenti strutture del tardo ellenismo. Rinvenuti anche resti di ossidiana risalenti al Neolitico. Frequentata fino al IV sec. d.C. è stata messa in pericolo nel 1973 dalla costruzione della diga della valle dell’Esaro attualmente in funzione. Dei lavori si occupò l’ing. F. Mercogliano ed allo scavo partecipò C. Chiarlo. Gli scavi del sito iniziarono nel 1981 patrocinati dalla Soprintendenza. La struttura si può dividere in zona residenziale e zona adibita alle attività produttive. Sono stati portati alla luce diversi ambienti: un vano rettangolare di m. 8x10; una canaletta in muratura di un metro di altezza con apertura in falsa cupola di laterizio. Scoperta una nicchia semicircolare dal diametro di m. 1, 50 con mura in opera mista e nei pressi è stato rinvenuto un altro ambiente rettangolare di m. 5x4 con abside nel lato breve occidentale. E’ importante la scoperta di questi ambienti perché attestano che si tratta sicuramente di un ambiente termale, giacché l’abside occupa per intero una vasca avente il fondo in forte coccio pesto. Inoltre, il vano presenta un mosaico con motivi geometrici, al di sotto del quale è stato scoperto l’ipocausto. Abbondante è stato il ritrovamento di ceramica e frammenti di vetro. Da questa villa provengono anche un castone di anello in vetro viola, una testina muliebre in matrice di sigillata africana e vari gioielli, reperti metallici, tra i quali un’ansa di bronzo e monete in bronzo.


I mosaici a decorazione geometrica (rombi, quadrati, cerchi che s’inscrivono l’uno nell’altro) sono presenti anche in altri vani della villa. E’ stato recuperato un bronzetto identificabile in un guerriero islamico con una gamba inginocchiata e la testa flessa girata leggermente in alto a sinistra. Si racconta che da questa località si sia trafugata una “testa di leone” appartenente ad un ninfeum. Gli studi effettuati hanno permesso di poter dire che si tratta di una grande residenza circondata da terra coltivabile, appartenente ad un ricco proprietario terriero. La parte termale della residenza era posta lungo un corridoio coperto da una volta. La villa presentava un impianto di riscaldamento che usava tubuli, tubi di terracotta, inseriti tra i vari muri dei vani, attraverso i quali risaliva l’aria calda che veniva prodotta in un vano specifico dove avveniva la combustione. Resti di fornaci attestano la lavorazione in loco del materiale ceramico. La canaletta rinvenuta fa affermare che vi si usava un complesso sistema di canalizzazione delle acque che andavano poi a finire in stanze specifiche, a cui si accedeva attraverso scale; una di esse ha la caratteristica forma di ferro di cavallo. In conclusione, si può affermare una presumibile fase di vita del parco archeologico che inizia nel Neolitico, per poi riavere testimonianze nel Tardo ellenismo ed in età Romana – Tardoantica senza, però, aver certezza di alcuna continuità a causa del mancato ritrovamento di reperti archeologici che possano attestare una permanenza demografica.

 

 

Località Castiglione

Altura sita alla destra idrografica del fiume Esaro, che domina la zona pianeggiante di Pauciuro ed un lungo tratto dell’Esaro stesso fra la confluenza con i fiumi Rosa ed Occido. Sono stati recuperati frammenti di ceramica impressa; manufatti in selce ed ossidiana, oggetti litici della cultura del Gaudo; un’ascia intera in pietra e frammenti di altre due; una alabarda ed un pugnale in rame (rinvenuto in contesto sepolcrale) / Frammenti ceramici della cultura appenninica / Frammenti ceramici che attesterebbero una frequentazione di genti appenniniche / Monete in bronzo e frammenti ceramici; un bronzetto, forse raffigurante Eracle con clava poggiante sull’omero. Il rinvenimento di ceramica impressa a Roggiano, se da una parte, confermerebbe l’esistenza in Calabria della più antica fase del Neolitico, sviluppatasi nella prima metà del VI millennio a.C., dall’altra farebbe supporre che il Nord della Regione fosse inserito nello stesso ambito culturale pugliese dove il ricupero di ceramica impressa è molto diffuso. I dati finora disponibili attesterebbero una presenza antropica non solo nel Neolitico inferiore ma anche nell’Eneolitico. Nel territorio di Roggiano è stata segnalata una sepoltura a fossa di un ragazzo (circa 14 – 17 anni) del periodo Eneolitico-Bronzo, contenente uno scheletro che presentava alterazioni delle ossa e caratteristiche strie raggiate alla volta cranica, aveva inoltre gli zigomi sporgenti ed il naso sporgente. Il cadavere presentava, con molta probabilità, le caratteristiche di una facies microcitemica o talassemica. Il sito, dalla prima età del Ferro fino all’affermarsi di Sibari, potrebbe aver occupato un ruolo centrale nell’organizzazione territoriale all’interno della valle dell’Esaro. Questa località è importante perché, oltre ad avere una lunga continuità di vita, con l’unica cesura dall’VIII al IV sec. a.C., occupò un’importanza fondamentale per quanto riguarda la viabilità protostorica e successiva. Ancora oggi Roggiano, per la sua posizione baricentrica tra lo Ionio ed il Tirreno, occupa l’invidiabile posizione di centro della Media Valle del Crati. Il bronzetto è in mano a privati. I reperti si datano alle varie epoche: Neolitico - Eneolitico / Età del Bronzo / Età del Ferro / Età ellenistica / Età Romana / Età Tardoantica.

 

 

Località Franceschini

Il sito è ubicato su di un pianoro alla sinistra del fiume Esaro, a Sud-Ovest di Pantano ed ad Est di Farneta.
Rinvenuti in questo sito frammenti di ossidiana ed un pugnale spezzato in selce monofacciale di età Neolitica. Quest’ultimo era conservato nel Museo di Roggiano Gravina ora non più esistente, precedentemente ubicato nella sede del comune.

 

Località Manche di Mormanno

Poste su di una piccola altura a Nord del pianoro Acqua Fedita e ad Ovest del fiume Follone. Nella località si sono rinvenuti: un coltello in selce, frammenti di un vaso di rozza fattura / Materiale archeologico / Tomba contenente un’alabarda ed un pugnale, entrambi in rame, di forma rettangolare con foro nel codolo per l’immanicatura e due imitazioni in selce. I reperti archeologici vennero alla luce nel 1956 in seguito ad uno scavo di un vigneto. I materiali farebbero parte del corredo di una tomba a fossa ricoperta di pietre in cui era stato sepolto l’inumato. D. H. Trump definisce l’alabarda come “la migliore fattura trovata in Italia” e viene messa da questi in connessione con i graffiti di Monte Begio in Liguria e con la Francia. Il ricercatore roggianese F. Guzzolino cosi scrive: "in contrada Manche di Mormanno ci sono resti di un insediamento risalente all'età del Rame o Calcolitica”. Il materiale rinvenuto è databile al: Neolitico / Età protostorica / Eneolitico.

 

 

Località Santo Stefano

Pianoro sito tra il fiume Occido a destra ed il Fiume Esaro a sinistra, nei pressi del Ponte d’Esaro, a Sud di Larderia. Rinvenuto un capitello greco, probabilmente usato come materiale di reimpiego e potrebbe provenire dalla vicina Larderia. E’ stato messo alla luce, inoltre, materiale archeologico databile ad Età Italico – ellenistica / età Romana / Età Altomedievale.

 

 

Località Serra del Carro

Ampio altopiano lungo uno dei percorsi istimici che collegano la zona pianeggiante della Valle del Crati con il Tirreno. Sono venute alla luce nel sito, in seguito a lavori di aratura, alcune monete brettie risalenti al III a.C.

 

 

Località Serra dei Testi

Ubicata tra il fiume Occido a destra ed il Fiume Esaro a sinistra, ad Ovest di Santo Stefano. Sono stati portati alla luce frammenti ceramici d’età protostorica e due pythoi ed un tesoretto monetale risalenti all’età ellenistica. Rinvenuto materiale anche d’età Romana ed Altomedievale.

 

 

Località Trigneto (o Prunetta)

Altura a Nord-Est rispetto al centro abitato di Roggiano Gravina dominante la confluenza dei fiumi Esaro e Follone. Si sono rinvenuti: frammenti ceramici / Necropoli contenente 12 sepolture a fossa coperte da tumuli di pietre con corredi composti da cuspidi di lancia in ferro ed in bronzo ed una spada a lingua da presa con impugnatura a “T” ripiegata ritualmente; fibule in bronzo ed in ferro; frammenti di dolii ed in un solo caso è attestata la presenza di un grande pithos a corpo globulare, collocato al di sopra del cumulo della sepoltura e vasellame tornito in ceramica figulina / Kotyle di fabbrica protocorinzia di foggia piuttosto arcaica con decorazione a tenda “voluta” rinvenuta in una tomba indigena ed un altro esemplare frammentario di kotyle di imitazione / Lucerna a marra d’ancora a vernice nera; una moneta di Thurii ed una di Velia; frammenti di statuette fittili con la spina di grano. La necropoli di tombe ad inumazione era pertinente ad un insediamento satellite del sito “maggiore” di Castiglione di Roggiano Gravina. Le deposizioni, del tipo con spallette laterali e copertura a cumulo in pietrame, rappresentano una versione semplificata di quelle di Francavilla Marittima, caratterizzate da minore imponenza e da forma più frequentemente ovale allungata o rettangolare: i piani di deposizione, ricavati all’interno delle strutture in pietrame a secco, appaiono solo raramente rivestiti di un allettamento di ciottoli fluviali, come è attestato anche per alcune sepolture di Macchiabate. I crani erano orientati verso Sud-Est. Il pithos avrebbe avuto, probabilmente o la funzione di ricettacolo per offerte e libagioni. Tra le fibule in bronzo e in ferro, particolarmente significativa appare la presenza della foggia serpeggiante a gomito, senza molla, con parte posteriore dell’arco nastriforme. Importante scoperta è data da una tomba che praticò il rito del “Saati”, cioè accanto ad un cadavere di sesso maschile ve n’era adagiato un altro di sesso femminile che denotava segni di frattura: la moglie aveva dovuto seguire nella tomba il marito defunto. Interessante è sapere che il rito del “Saati” era in uso fra le caste nobili e militari dell’India. La presenza di una kotyle in una tomba indigena sarebbe a prova che Trigneto sarebbe una delle aree di più immediato contatto con la penetrazione greca di carattere esplorativo-commerciale, probabilmente nella fase di poco precedente alla fondazione di Sibari. La località, in epoca ellenistica-brettia, sembrerebbe essere stata un luogo di culto relativo ad una divinità femminile che dovrebbe possedere gli attributi della fertilità e della fecondità (come si deduce dalla attributo della spina di grano rinvenuta dagli ex voto e dai seni prominenti). Non si riesce però a stabilire se si tratti di un culto brettio o greco perché alcuni attributi sono comuni ad entrambe le ideologie. Non può essere disconosciuta la funzione di luogo di incontro, tra Italioti e Italici, che i santuari extraurbani avevano in quanto luoghi sotto la tutela diretta della divinità. Interessante è il fatto che, a condizioni atmosferiche buone, Trigneto si trovi in vista dell’area di Torre Mordillo. La lucerna a marra è simile all’esemplare rinvenuto nella necropoli cosentina di Moio. Il materiale rinvenuto si data alle seguenti età: Età del Bronzo medio – recente – finale / Prima metà del IX – VIII sec. a.C. / VIII sec. a.C. / Fine IV – III sec. a.C.

 

 

Località Garofalo

Rinvenuti reperti archeologici databili ad età Preistorica e Tardoantica.

 

 

Località Pietra Piantata

Visibile sulla collina di Larderia, al confine di Roggiano con Altomonte vi è una torre cilindrica addossata a muri cordonati e alle volte a crociera. Secondo F. Guzzolino è "una vedetta longobarda costruita su propaggini romane". E’ costituita da una torre di guardia di origine medioevale.

 

 

Museo archeologico

Ubicato fino ad un decina di anni fa in un locale adibito appositamente nella sede comunale, attualmente, per varie vicissitudini, i reperti archeologici facenti parte raccolta sono accatastati come materiale non inventariato in scatole di cartone nell’ex sede dell’UNLA[1].



[1] Testimonianza diretta di una delle stesse scriventi Gelsomino Maria Luisa Antonietta.